Rimanendo in Emilia ma dirigendoci più a nord est incontriamo un altro prodotto straordinario le cui origini sono riconducibili all’epoca rinascimentale legate alla corte dei duchi d’Este ma poi divenuto piatto tipico delle feste per tutti i ferraresi. Pare che proprio Lucrezia Borgia, andata in sposa agli inizi del ‘500 al duca Alfonso d’Este, fece della salama da sugo il piatto forte degli innumerevoli banchetti da lei organizzati presso la Corte di Ferrara. L’antica ed elaborata ricetta trova paternità in Cristoforo da Messisbugo, scalco della Corte Estense, via via poi semplificata dai norcini che sino ad oggi ne hanno tramandato le componenti più tradizionali.
Oggi la zona di produzione della salama da sugo (insignita della denominazione IGP dal 2014) comprende il territorio della provincia di Ferrara con esclusione dei comuni di Goro, Codigoro, Lagosanto e Comacchio, nella regione Emilia-Romagna. Le carni selezionate per la realizzazione di questa eccellenza devono provenire da suini non meno giovani di nove mesi.
La selezione dei tagli è importante: goletta, capocollo, pancetta, spalla, lingua e fegato, composti in percentuali stabilite, sono i principali a cui viene aggiunto un trito di sottospalla in maniera facoltativa. La carne viene aromatizzata con vino rosso dall’invecchiamento non superiore ai 18 mesi (e in alcune ricette sostituito da brandy, grappa o rum) ed impreziosita da pepe nero e sale marino grosso a cui vengono aggiunti con dosi facoltative cannella, noce moscata, chiodi di garofano. L’impasto viene tritato al coltello dopodiché insaccato in vescica di suino, chiuso e rilegato da spago alimentare, prende la forma del melone con la divisione in spicchi dove lo spago viene maggiormente tirato.
Dopo una lavorazione complessa, la salamina, così è chiamata con affetto dagli autoctoni, richiede tempi lunghi di stagionatura. Infatti, la vera magia conferita dal riposo nelle cantine per almeno otto/dodici mesi e una naturale predisposizione al formarsi un leggero strato di muffa nobile all’esterno dell’insacco naturale conferisce al prodotto finale un gusto straordinario di carne morbida e friabile da cui sgorga un sugo deciso ma al contempo dolce.
Infine, anche la cottura gioca un ruolo di grande importanza. La vescica infatti deve essere precedentemente messa a bagno per una notte, azione che agevola la rimozione delle muffe ed all’ammorbidimento dell’insacco in budello naturale. La cottura è lunga e in acqua, che non dovrà perdere il punto di ebollizione e su cui deve rimanere sospesa non toccando il fondo della pentola; la vescica va preservata, e per assicurarne un risultato eccellente evitandone eventuali lacerazioni la Salamina viene avvolta in un sacchetto di tela.
Protagonista dei menu invernali e delle feste natalizie, la salama viene riposta in una zuppiera che raccoglie proprio il succo della carne che ne fuoriesce dal taglio, servita in spicchi ed accompagnata da purè di patate. Oggi c’è un rinnovato interesse per questo insaccato e i trend culinari ne prediligono un consumo estivo in abbinamento a melone e fichi. È sul mercato nella versione sia cruda che cotta (o “precotta”), in cui variano nel complesso i tempi di cottura.