Dici Calabria e pensi a soppressata. In dialetto suprissata o suppizata, è la regina della tradizione salumiera calabrese in cui affonda le sue origini antiche.
Da secoli si va matti per questo insaccato stagionato dalla silhouette appiattita e dall’anima peperina. La storia narra di una particolare lavorazione della carne di suino in questa regione già dai tempi della colonizzazione greca, intorno al 1600, e la conferma si trova tra le pagine di "Della Calabria Illustrata”, un volume del 1691 scritto da Padre Giovanni Fiore da Cropani che annovera, tra le carni salate, quelle trasformate "in Lardi, in Salsicci, in Suppressate, e somiglianti”.
Ma perché si chiama soppressata? Due credenze da millenni la circondano. Alcuni attribuiscono il nome all’azione di pressare il salume nella fase d’essiccazione, altri alla contrazione dei termini dialettali susu “sopra” e mpizzare “appendere” da cui ”appendere sopra”, momento in cui il salume viene issato alle travi del soffitto durante la stagionatura.
Una cosa è certa: è una prelibatezza che si eleva nei secoli tramandando valori, sapori e simboli fino a consolidarsi nelle filiere d’eccellenza, certificate a marchio DOP grazie al forte legame con il territorio. Una regione profondamente votata, nel suo entroterra, all’allevamento e alla lavorazione di carni suine di altissima qualità di razza e taglia grande come la Calabrese, la Large White, la Landrace e la Duroc.
Disciplinare comanda che la Soppressata di Calabria DOP sia composta dai tagli più nobili di questi suini: spalla, coscia e filetto con l’aggiunta del lardo in minor quantità, ricavato dalla schiena dell’animale.
Il processo di produzione è lento e laborioso: le carni selezionate e il lardo scelto vengono tritate a medio taglio, a mano, al coltello, incrociando sapientemente le lame ben affilate.
L’impasto viene poi disteso, salato e aromatizzato con pepe nero nella sua versione più classica. Amatissima anche in veste piccante con l’aggiunta di pepe rosso piccante o crema di peperoni piccante e, apprezzata dai palati più morbidi, condita con pepe rosso dolce o crema di peperoni dolce. In commercio troviamo infatti diverse varianti come la Soppressata di Calabria DOP Piccante, Dolce e Bianca.
Il macinato condito viene poi insaccato nel budello naturale dell’intestino del suino, forato e legato a mano con lo spago e fatto stagionare per almeno 45 giorni.
Ed ecco un salume dalla forma cilindrica, un po’ schiacciata, dal sapore intenso e stuzzicante, temperamento deciso, profumo inconfondibile e dal colore rosso vivace, come la sua terra, semplice ma di gran carattere, che sa di Calabria, sa di radici.
Affettare la soppressata su un tagliere casalingo per dare il benvenuto ad un ospite raccontando storie e aneddoti è un rituale famigliare tramandato da sempre. Protagonista assoluta nei taglieri di salumi e formaggi, buona su una fetta di pane casereccio, ottima come ingrediente per insaporire primi e secondi piatti accompagnata da un calice di vino rosso locale ben strutturato, la soppressata è così, lascia la sua traccia dove passa, nel naso, in bocca e nei cuori.