Ho 39 anni, lavoro in un settore diametralmente opposto alla mia passione per il mondo enogastronomico, amo cucinare e tutte le sacrosante settimane eseguo salti spericolati per fare la spesa e portare a tavola piatti sani, leggeri e sostanziosi. Ragioniamo per negativi: non sono vegetariana, non sono madre, non sono astemia! In positivo? Sono iperattiva, sportiva, adoro sperimentare in cucina e nella mia quotidianità cerco sempre un modo per spezzare la routine, anche dei piatti che preparo. Sono donna, gestisco la res domestica e ho un compagno che è addirittura più impegnato di me, entrambi alla ricerca di un costante equilibrio fra realizzazioni personali e carriere professionali. Badate bene, se fossi madre/padre e lavoratrice/lavoratore credo che i salti mortali sarebbero più che triplicati. Non ci sono scuse in questo articolo, ragazzi siamo tutti uguali: più o meno impegnati, interessati, attivi o passivi.
Ma negli ultimi due anni la pandemia ci ha portato a ridefinire le possibilità e le capacità (anche di acquisto) di ognuno di noi. Forse in tanti hanno perso la convivialità tutta italiana di passare il tempo con amici e parenti, chi invece ha rispolverato gli affetti, ma quasi all’unanimità abbiamo cercato un rifugio nell’enogastronomia, nel nostro piccolo, e necessariamente secondo le proprie tasche. Una panacea per il cuore insomma… e anche per il gusto.
Nelle prime settimane di lockdown chi di voi non è andato far la spesa con un’ansia mordente, col pensiero della coda, del contagio, della paura di non aver comprato abbastanza… e i piccoli commercianti ed i supermercati, nel periodo in cui determinati prodotti scarseggiavano, imponevano l’acquisto di “massimo due pezzi” per non trovarsi loro stessi con le scorte decimate in pochi giorni, poche ore. Che ansia… Il risultato? A due anni dall’inizio della pandemia il lavoratore medio si trova a “tirare” come un somaro, andare più veloce. A chi è ancora concesso il lavoro “smart” vive in un costante senso di colpa perché svolge la propria mansione senza aver marcato il cartellino comodamente seduto alla scrivania di casa, pagando luce, materiali di consumo e rendendo molto più delle standardizzate otto ore, anche se lontano dall’occhio vigile del supervisore. Ancora ansia insomma. Ansia che si trasforma in fretta, che con tutto il senso di colpa possibile ci porta a fare la spesa…anzi no, a fare la “scorta” al supermercato.
Perché nessuno di noi è salvo da questo precetto.
Se centelliniamo il nostro tempo e corriamo per sopperire alle nostre incombenze, quando facciamo la spesa possiamo incappare in errate valutazioni e scelte. All’opposto, se avessimo più tempo a disposizione, potremmo scegliere di reperire ogni singolo tipico prodotto dal rivenditore di fiducia più vicino: fruttivendolo, macellaio, casaro, pastaio e lasciare alla GDO tutto ciò che magari non reperiamo nel banco dei prodotti freschi e pronti all’uso. Chi ha questo tempo? È una chimera, lo sappiamo tutti, pochi fortunati se lo possono permettere.
Noi siamo gli “altri”. Coloro che hanno voglia di mangiare bene, perché la cultura del cibo scorre nelle nostre vene. Che tu sia un amante della cucina e ti piaccia o meno cucinare, non esiste una cena in cui almeno una minima parte dei discorsi conferisca in “quel piatto”, “quel programma gastronomico”, “quel vino che ho bevuto”, “quel ristorante in cui sei andato”. Ancora, siamo tutti inquisitori e censori, e abbiamo tutti un gusto spiccatamente elevato! Siamo italiani!
E allora, sulla base di questi concetti, occorre riflettere sul modo in cui si fanno delle scelte quando facciamo la spesa. Se io ho fretta cerco tutto ciò che mi porti a realizzare un piatto veloce, e perché no, penso anche alla sua facile trasferibilità e conservazione, ma quanto conosco davvero di quel prodotto fresco che sto per comprare? La nostra rubrica vi lascerà alcuni spunti di riflessione sul mondo dei salumi insaccati in Budello Naturale.
Benvenuti, alla prossima puntata!
V.B.