Nella tradizione cristiana ogni importante evento appartenente al calendario liturgico viene da sempre celebrato in forma pubblica attraverso un rito in un luogo di culto poi protratto in un luogo privato dove la famiglia si riunisce. L’evento liturgico diventa un momento di condivisione e di opportunità per stare vicini, un evento esclusivo di riposo dal lavoro giustificato dalla festività religiosa, ma anche di raccoglimento e di convivio.
Così nascono i piatti delle feste, piatti più elaborati che storicamente non sono consumati nella quotidianità; spesso sono più ricchi e complessi, meno facilmente reperibili, unici, talvolta più costosi. Il loro consumo giustifica l’unione, l’esclusività della condivisione. Questi sono i piatti delle feste e nell’Italia del Nord i cotechini e gli insaccati cotti di questa tipologia diventano i prìncipi indiscussi della tavola e della tradizione.
Lo zampone ed il cotechino di Modena (IGP dal 1999) insieme ai tortellini in brodo di cappone sono per le famiglie modenesi da sempre l’emblema gastronomico delle feste natalizie. Non c’è menu che non preveda come “ultima” portata di “secondo” proprio uno di questi insaccati: un rito a cui nessuno può sottrarsi.
Ma quali sono le loro origini? A differenza di molti altri prodotti gastronomici, cotechino e zampone hanno una data di creazione ben precisa, il 1511. La tradizione narra, infatti, che proprio nell’inverno di quell’anno gli abitanti di Mirandola (paese della “bassa modenese” ovvero parte del territorio della provincia di Modena più a nord e al di sotto dei 25 metri sul livello del mare), ormai a corto di riserve alimentari per il lungo assedio di Papa Giulio II della Rovere, si prodigarono a insaccare cotenne e carni di maiale di taglio più e meno nobile all’interno di vesciche e zampe di suino, dando vita così alla tradizione rispettivamente di cotechini e zamponi.
Un’altra leggenda, invece, vorrebbe che l’invenzione risalisse a un personaggio celebre, ovvero il filosofo e matematico Pico della Mirandola (o verosimilmente più attribuibile al suo cuoco) per dare così notorietà all’insaccato.
Verso la fine del ‘700 nell’immaginario gastronomico collettivo lo zampone Modena sostituì (insieme all’altrettanto famoso Cotechino) la salsiccia gialla che rese celebre Modena già nel Rinascimento. L’800 consacrò il successo su larga scala del prodotto, come testimoniano gli scritti del gastronomo romano Vincenzo Agnoletti e le numerose testimonianze letterarie.
È proprio nel XIX secolo che il nome del prodotto, fino a quel momento chiamato Zampetto, vira su zampone, e forse a coniarlo è il ghiotto musicista Gioacchino Rossini in una lettera del 1838 a un salumiere modenese, in cui chiede “sei cappelli da prete, quattro zamponi e quattro cotechini, il tutto della più delicata qualità”. Emile Zola suggeriva invece: “se volete allegria, mangiate modenese, lo zampone dà gioia ad un animo triste”.
Tuttavia è importante sottolineare che oggi lo zampone NON è lo zampetto del XIX secolo; quest'ultimo è costituito dall'arto fresco del maiale (nomenclatura trinomiale: Sus scrofa domesticus) opportunamente pulito e cucinato, mentre lo zampone rappresenta un "salume tipico" che prevede una specifica lavorazione di natura manifatturiera della carne di suino. Altre fonti sostengono che il vero motivo del cambiamento del nome sarebbe legato al progressivo accrescimento della taglia media dei suini (e quindi delle loro zampe), avvenuta nel corso del tempo.
La produzione odierna di zampone e cotechino oggi è più estesa, infatti oltre all’Emilia, si aggiungono le province di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova.
Lo zampone si distingue dai salami, dalle salsicce, dai cotechini, dalla nduja, dalla salama da sugo, dal sanguinaccio ecc. per il differente tessuto di insacco; ovvero, mentre la carne macinata degli altri prodotti viene riposta in budelli animali (di bovino) o sintetici (ad es. di cellulosa), o in altre sacche costituite da organi cavi (ad es. la vescica), la carne dello zampone è insaccata all'interno di una zampa di maiale. È certamente fra gli insacchi quello più facilmente riconoscibile. L'arto in questione viene accuratamente svuotato dei muscoli e delle ossa e preserva solamente la cotenna esterna, le dita e le unghie; il rivestimento dello zampone, prima dell'insacco, risulta quindi totalmente cavo.
Il cotechino invece è insaccato in budello, contenitore a forma cilindrica simile alla salsiccia ma di pezzatura più grande per via della sua origine tutta “naturale” (nel caso del cotechino in budello naturale, infatti, il budello è un “dritto bovino” o una vescica suina); questo viene strozzato alle estremità e rilegato con spago alimentare. In commercio si trova anche il cotechino insaccato in budello sintetico, la cui differenza è di facile riconoscimento: in fase di cottura l’involucro esterno rimarrà consistente, si accorcerà come un vestito ristretto e si separerà dalle carni senza difficoltà, la sua origine non naturale porta all’inevitabile necessità di essere rimosso prima del consumo.
Per entrambi i prodotti, gli ingredienti contenuti sono tutti di origine suina: guancia, testa, gola e spalla del maiale e cotenna a cui vengono aggiunti sale, spezie ed aromi variabili (pepe bianco o nero, cannella regina, macis, coriandolo, chiodi di garofano, cumino, vaniglia, noce moscata, timo, alloro e aglio e anche vino lambrusco). Il procedimento di produzione prevede che la carne selezionata venga prima tritata, aromatizzata ed a seguire insaccata in budelli (naturali o sintetici) poi fatti asciugare per mezzo di stufe, processo che segue o meno un trattamento di cottura. Il Disciplinare IGP prevede anche che la macinatura dei tagli sia di 7/10 mm per quelli i muscolari e adiposi, mentre di 3/5 mm per la cotenna.
Negli ultimi anni i norcini attenti hanno “sgrassato” parecchio questi salumi, sempre più sensibili al grido della dieta bilanciata; inoltre, l’attento lavoro del Consorzio e l’ottenimento della denominazione IGP ha ampliato la conoscenza di questi prodotti. In conseguenza si è estesa la distribuzione in periodi più ampi rispetto alla tradizione gastronomica tipica, che ne prevede il consumo esclusivamente nei mesi più freddi dell’anno, e anche la distribuzione sul territorio nazionale.
Cotechino e zampone oggi sono commercializzati, previo asciugamento, sia come prodotti freschi, per i quali è richiesta una cottura prolungata in acqua bollente (2/4 ore), sia come prodotti cotti, previo idoneo trattamento termico. In questo caso si tratta di zamponi e cotechini la cui confezione indica la dicitura “precotti”, che richiedono una preparazione di circa 30/40 minuti, a seconda della grandezza del prodotto stesso.
Per procedere alla cottura si consiglia di forare l’insacco con i rebbi della forchetta, la cottura più o meno prolungata fa sì che il risultato porti allo scioglimento della componente grassa, che risulta più collagenosa e collosa proprio nello zampone poiché la stessa cotenna dello zampone rilascia parte della sua consistenza nella carne macinata.